Figli di Odhinn e della battaglia: gli Einherjar
di Kveldulf CdG
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Il guerriero che con valore affronta il nemico non teme la morte in battaglia, egli sa che la vita gloriosa del vincitore non è più desiderabile della morte di chi, impavido, cade brandendo le proprie armi; è infatti questa la prova da superare per poter entrare a far parte delle sacre schiere di Odhinn: gli Einherjar [1]!
La lunghezza della vita di ogni uomo è già stata decisa alla nascita dalle Norne, neanche i guerrieri sfuggono a questa regola dato che nel disegno del Wyrd è segnato il momento in cui Odhinn sceglierà se dare la vittoria o la morte [2]: «Odhinn…è detto anche Valfödhr [3], poiché sono suoi figli adottivi tutti coloro che cadono in battaglia, per loro egli ha creato Valhöll [4] e Vingólf [5] e là essi si chiamano Einherjar…egli [Odhinn] si diede molti appellativi quando andò dal re Geirrødhr: “Mi chiamo…Sigfödhr [6]…”» [Gylfaginning 20].
È naturale che ogni uomo aspiri alla Valhöll, ma quella non è dimora alla portata di tutti [7] e solo i migliori possono entrarvi; purtroppo non sempre il coraggio dimostrato in battaglia viene premiato con una morte nobile, le continue vittorie od i periodi di pace possono, col tempo, trasformare il più robusto dei guerrieri in un vecchio debole e malato in perenne attesa della morte. Accade così che il coraggioso chieda ai propri famigliari o ai compagni d’arme d’essere “marcato” (ferito) con una lancia prima di spirare, in tal modo egli offre se stesso ad Odhinn [8] nella speranza di veder comunque riconosciute le proprie gesta di modo da potersi riunire ai fratelli caduti nelle sale della Valhöll.
Se il consacrarsi ad Odhinn prima di morire può spalancare i cancelli della Valhöll, il consacrarsi a lui nel pieno delle forze dona, in vita, la potenza degli Einherjar: «I suoi [di Odhinn] uomini invece avanzavano senza corazza invasi dalla furia come lupi o cani [9]: mordevano nei loro scudi, erano forti come orsi o tori, sterminavano folle intere. Né il ferro né il fuoco li potevano [fermare], e questa è detta “berserksgangr” [10]» [Ynglinga saga 6]. I berserkir e gli úlfheðnar [11], elite guerriera in vita, continuano a primeggiare sugli altri combattenti anche in Valhöll in quanto affiancano gli Aesir come guardia scelta: «Allora [gli Aesir] mandarono a chiamare a Iötuneimr [12] la gigantessa che si chiama Hyrrokkin; ella giunse cavalcando un lupo, aveva vipere per briglie. Saltò giù dalla cavalcatura e Odhinn chiamò quattro berserkir che badassero al lupo: essi però non riuscirono a tenerlo fermo finché non lo abbatterono.» [Gyl.49]
Quando, dopo la ferita mortale, il caldo sangue sfugge ai legami del corpo il valoroso non prova né paura né solitudine. Egli attende fiducioso una visita divina, una splendida donna in armi che lo condurrà nella sala dei prescelti, egli attende una Valkyrja [13]!!
Queste vergini combattenti hanno per capo la splendida Freyia [14], che, come una gran cerimoniera, accoglie gli Einherjar in Asgardhr assegnando loro, secondo il rango e la Sippe [15], il degno posto alla grande tavola della Valhöll e confortandone la metà nelle sue sale private in quanto di lei si dice «…è la più venerata fra le Dee, possiede una dimora nel cielo che è detta Fólkvangar [16], e quando cavalca verso le battaglie, a lei spetta metà dei caduti e metà a Odhinn, così come si dice [17]: Fólkvangar si chiama il luogo dove Freyia stabilisce la scelta dei sedili nell’aula; metà dei caduti ella presceglie ogni giorno, e metà Odhinn.» [Gyl.24].
Compito delle Valkyrje è anche quello di prendersi cura degli Einherjar tra un combattimento e l’altro, si narra infatti che: «…servono in Valhöll portando da bere e occupandosi dei servizi da tavola e dei boccali della birra...portano la birra agli Einherjar.» [Gyl.36]
A curarsi degli ospiti della Valhöll v’è anche il Dio Scaldo Bragi che ivi risiede e che, grazie alla sua arte poetica, offre degna accoglienza agli Einherjar.
Della dimora dei Prescelti si dice: «Glaðhsheimr [18] si chiama la quinta [regione celeste], dove Valhöll, splendente d’oro, ampia si stende…assai facile a riconoscersi è quella dimora per coloro che vanno da Odhinn: con aste di lancia è costrutta la dimora e coperta di scudi, e di corazze sono ornate le panche…un lupo è impiccato alla porta occidentale [19] e sopra un’aquila v’è sospesa…Valgrind [20] si chiama il cancello sacro che sta nel campo davanti alle sacre porte; antico è quel cancello, ma pochi sanno come sia chiuso a chiave» [Grímnismál str.8-10, 22 (71-82, 127-130)].
Re Gylfi [21] in Asgardhr pose molte domande sulla Valhöll, di cui ebbe una visione, e su quale vita spettasse ai valorosi prescelti: «…[Gylfi/Gangleri] vide una costruzione tanto alta che a fatica se ne vedeva la cima. Il tetto era ricoperto di scudi dorati, posti a mo di tegole…Lì vide molte sale e molta folla, parte giocava, parte beveva, parte, armi alla mano, combatteva…Allora Gangleri disse: “Tu dici che tutti gli uomini caduti in battaglia [fin] dall’inizio del mondo ora sono in Valhöll da Odhinn. Che cosa ha da dar loro da mangiare? Credo che vi debba essere una folla enorme”. Rispose Hár [che in realtà era Odhinn]: “Vero è ciò che tu dici: vi è una grande folla che diventerà ancor più numerosa. Tuttavia sembrerà insufficiente quando arriverà il lupo [22]. E non ci sarà mai tanta folla in Valhöll che non basti la carne del maiale che è detto Sæhrímnir [23]. Esso ogni giorno viene bollito ed è di nuovo intero la sera…Andhrímnir si chiama il cuoco ed Eldhrímnir la pentola”…Allora Gangheri disse: “Odhinn si nutre dello stesso cibo degli Einherjar?”. Disse Har: “Il cibo che sta sul tavolo egli lo dà a due lupi che possiede, che si chiamano Geri e Freki [24]. Di nessun nutrimento egli ha bisogno; il vino è per lui tanto cibo che bevanda…Due corvi stanno [appollaiati] sulle sue spalle e gli sussurrano all’orecchio tutte le notizie che vedono o ascoltano; essi si chiamano Huginn e Muninn [25]. Durante il giorno egli li fa volare per tutto il mondo, e poi all’ora del pasto [essi] tornano [da lui]; così viene a sapere molte notizie. Per questo gli uomini lo chiamano anche Hrafnagudh [26]”…Allora Gangleri disse: “Qual è la bevanda degli Einherjar? È qualcosa che [non] ha fine come il cibo, o forse in quel luogo si beve acqua?”. Allora disse Hár: “Fai una domanda strana. [Ti pare] che Allfödhr [27] inviti re, conti e uomini potenti e dia loro da bere acqua? Tuttavia so, in fede mia, che più di uno di quelli che giungono in Valhöll, avendo sofferto le ferite e le pene della morte, giudicherebbe [pagato a] caro [prezzo] un sorso d’acqua, se là non ricevesse migliore accoglienza. Di quel luogo posso dirti un’altra cosa. Quella capra che si chiama Heidhrún sta in Valhöll e bruca le foglie sui rami di quell’albero che è molto famoso e si chiama Léradhr. E dalle sue mammelle scorre quell’idromele di cui ogni giorno si riempie un recipiente che è così grande da saziare tutti gli Einherjar…ancor più importante è il cervo Eikthyrnir che nella Valhöll bruca i rami di quell’albero: dalle sue corna scendono gocce così grandi che sotto formano Hvergelmir, donde originano fiumi che…scorrono attorno alle dimore degli Dei.” Allora Gangleri disse: “Cose fantastiche mi racconti; Valhöll deve essere una straordinaria dimora. I suoi ingressi devono sempre essere molto affollati”. Rispose Hár: “Perché non domandi quante porte ci sono in Valhöll e quanto [sono] grandi? Se tu l’hai sentito dire, devi ammettere che è straordinario che non possa, chi vuole, entrare o uscire. In verità bisogna dire che non è tanto difficile trovarvi posto quanto entrarvi [28]. Puoi leggere nel Grímnismál: Cinquecento porte e quaranta ancora io so essere in Valhöll; e da ogni porta usciranno ottocento Einherjar quando andranno a combattere il lupo [29]”…Allora Gangleri osservò: “Gran moltitudine c’è in Valhöll, e in fede mia grande condottiero è Odhinn [30] [che può] governare un esercito così grande. Ma come trascorrono il tempo gli Einherjar quando non bevono?”. Hár rispose: “Ogni dì, dopo che si sono vestiti [31], indossano le armature [32] ed escono in un cortile dove si combattono e si uccidono gli uni con gli altri; questo è il loro passatempo. Quand’è l’ora del pasto, tornano nella Valhöll e siedono a bere così come si dice [33]: Tutti gli Einherjar nei prati di Odhinn ogni giorno combattono; essi scelgono i morti poi cavalcando [si allontanano] dalla battaglia, e siedono in cerchio assieme riconciliati [34]”» [Gyl.2-38-39-40-41]
Questo continuo guerreggiare non è un supplizio per i prescelti che, dopo aver affidato le loro vite di guerrieri agli Aesir ed essersi offerti ad Allfödhr nell’istante della loro morte, si allenano tenacemente per non sfigurare sulla piana di Vígrídhr [35]. Come donò lo spirito e la vita ad Askr ed Embla [36], così Odhinn dona agli Einherjar l’immortalità di un perenne rinnovamento; la battaglia, teatro di morte per i prescelti, si ripeterà così ogni giorno fino al Ragnarøkkr [37] quando, avvisati dal suono del corno del Dio Guardiano Heimdallr, «Gli Aesir indosseranno l’armatura e [con loro] tutti gli Einherjar, e avanzeranno verso il campo [di battaglia]» [Gyl 51].
Nell’attesa del leggendario scontro, durante la Walpurgisnacht [38], Odhinn e le schiere della Valhöll cavalcano nei cieli di Midgardhr in cerca di nuovi compagni con cui rinforzare le divine schiere!!
“
Non ci si acquatta in battaglia al riparo degli scudi, quando le armi stanno per cozzare: questo mi ha ordinato la Dea fedele della terra del falcone [39]. E colei che si adorna della collana [40] mi disse, tanto tempo fa, di tenere alto nel fragore della battaglia ciò che l’elmo contiene [41], quando il ghiaccio della valkyrja [42] va ad incontrare le teste degli uomini!” queste furono le ultime parole pronunciate dal grande vikingo Harald Haldrada prima della battaglia in cui trovò la morte, il suo ultimo canto è un monito per ogni guerriero portatore del Valknut [43], un’esortazione per chi, fedele agli Aesir, è pronto ad impegnarsi in un’impresa impossibile pur di dimostrare a se stesso ed ai nostri Alti Dei di essere degno della propria stirpe e di meritare un posto al fianco dei propri cari nelle dorate sale della Valhöll.
HEIL AGLI EINHERJAR!!
HEIL GUALTIERO!! HEIL GIANLUCA!!
Kveldulfr - CdG
NOTE
1. Einherjar significa «[coloro che] costituiscono un esercito» oppure «[coloro che] combattono da soli» nel senso che ognuno di loro è in grado di combattere al pari di un’armata (inoltre bisogna ricordare che il guerriero germanico combatte facendo affidamento solo sulla sua forza e non sull’ausilio divino tanto caro ai cristiani).
2. «Spesso agli Svíar (gli Svedesi) pareva che egli [Odhinn] apparisse loro prima dell’infuriare di grandi battaglie; ad alcuni dispensava la vittoria, altri chiamava presso di sé, ed ambedue le cose parevano desiderabili» [Ynglinga saga 9]. Si dice che, al banchetto nelle sale di Ægir, Loki, desideroso di gettar veleno sugli Aesir, attacco Odhinn dicendo “Taci, Odhinn, tu giammai sapesti decidere delle battaglie degli uomini: spesso tu desti a chi non dovevi concedere, a dei codardi, la vittoria!” [Lokasenna 109-112 (str.22)].
3. “Padre dei Caduti in battaglia”, ma anche “Valgautr” (“Gautr dei Prescelti”), “Valtýr” (“Dio dei Prescelti”) e “Valþögnir” (“[Colui che] accoglie i Prescelti”).
4. “Sala dei Caduti” o “Sala dei Prescelti” (valr è, in norreno, il nome dei “caduti” intesi come “prescelti”) è conosciuta anche con il nome “Valhalla”
5. «…quel luogo che è detto Gimlé o Vingólf (entrambe le parole significano “Stanza degli Amici” o “Dimora di Gioia”)» [Gylfaginning 3] è il santuario delle Dee; difeso dai Ljósálfar (“elfi chiari” o “elfi luminosi”), resisterà al fuoco distruttore che al Ragnarøkkr colpirà ogni cosa. Oltre a poter accogliere gli Einherjar, ospiti molto graditi a Freyia, il Vingólf è stato costruito dagli Aesir anche per poter ospitare chi, vissuto seguendo la via dell’onore, non è stato scelto in Valhöll: «Io so che c’è una sala più splendente del sole, migliore dell’oro in Gimlé; là i giusti fra gli uomini abiteranno e giorni tutti di felicità godranno» [Völuspá, str.64]
6. “Padre della Vittoria”, ma è anche “Siggautr” (“Gautr della Vittoria”), “Sigtýr” (“Dio della Vittoria”), “Sigrhöfundr” (“Giudice della Vittoria”), “Sigmundr” (“Protettore Vittorioso”), “Sigþrór” (“Proficuo nella Vittoria”), “Sigtryggr” (“Fedele nella Vittoria” o “[Colui che] con fedeltà [concede] la Vittoria”) e “Sigrunnr” (“Albero della Vittoria” dove “albero” è una kenning, cioè una figura retorica usata nella letteratura nordica, che ha significato di “guerriero”).
7. I giusti che non hanno meritato l’onore di ricevere un posto nella Valhöll dimoreranno nel Gimlé/Vingólf. Chi, invece, trova la morte per mare viene raccolto dalla rete della gigantessa Rán (sposa del gigante Ægir e con lui madre delle onde del mare) e accolto nella sua dimora (il grado d’accoglienza non è comunque uguale per tutti e varia in base ai propri meriti). Gli indegni (spergiuri, traditori, codardi, ecc…) trovano posto nelle oscure e gelide sale di Hel (che lasceranno al Ragnarøkkr quando si uniranno a Loki ed alle forze di Muspell per combattere contro i nostri Alti Dei ed i valorosi Einherjar).
8. Odhinn stesso venne “marcato” quando, per ottenere le rune, venne impiccato all’albero Yggdrasill: «Io so che pendetti dall’albero [spazzato dal] vento per nove notti intere, da lancia ferito e sacrificato a Odhinn, io stesso a me stesso, su quell’albero, che nessuno sa da quali radici cresca.» [Havamal str.138].
9. Va ricordato che i nostri antenati, che prima di chiamarsi Langbärten avevano nome Winniler (il popolo dei “Cani Vittoriosi” o dei “Cani Furiosi”), veneravano il cane quale animale sacro. Il furore dei guerrieri di Odhinn era noto ai Langbärten che in Mauringa evitarono, a causa della loro inferiorità numerica, uno scontro diretto con gli Assipitti grazie a «…uno stratagemma. Fanno credere d’avere nel loro campo dei cinocefali, cioè uomini con la testa di cane; spargono tra i nemici la voce che costoro combattono senza sosta, bevono sangue umano e, quando non riescono ad agguantare un nemico, si dissetano del proprio sangue. Per dare credito a questa voce, ampliano le tende e accendono nell’accampamento moltissimi fuochi. I nemici prestano fede a quanto sentono dire e a quanto vedono, e non osano più tentar la sorte di quella guerra che prima minacciavano» [Paolo di Warnfriet, Historia Gentis Langobardorum I-11] (la questione Assipitti-Langbärten venne poi risolta con un duello tra “campioni” che vide la vittoria dei Langbärten).
10. “Furia dei berserkir”. Durante gli scontri il Wut (furore) odinico s’impossessava di loro rendendoli fortissimi ed insensibili al dolore (il furore era tale che nella mischia non riuscivano più a distinguere l’amico dal nemico [naturalmente i “cristiano-mediterranei” attribuiscono tale stato animale all’uso di droghe anziché alla preparazione spirituale di un guerriero sacro…poveri sciocchi!!]) e quando questa foga mistica li abbandonava essi si ritrovavano a terra privi di forze.
11. I berserkir (guerrieri-orso, lett.“Camicie d’orso” [sing. berserkr]) e gli úlfheðnar (guerrieri-lupo, lett.“Casacca di Lupo” dove “heðinn” sta ad indicare un “corto capo di vestiario senza maniche ma con un cappuccio di pelliccia” [sing. úlfheðinn], la similitudine con i cinocefali longobardi è evidente) differivano tra loro unicamente per l’animale totemico da loro scelto (orso o lupo), erano guerrieri consacrati a Odhinn, vere e proprie mannerbunde (gruppi d’uomini) di guerrieri-sciamani; temuti dalla gente comune in tempo di pace (per il rapporto che tali guerrieri avevano con il mondo degli spiriti, rapporto che dava loro forza e spirito animale), ma invocati dagli stessi nell’ora della battaglia. Erano guerrieri talmente potenti che il re danese Hrólfr Kraki non potendo inviare al suo patrigno, in guerra con il re di Nóregr (Norvegia), il proprio esercito perché occupato in una guerra contro i Saxar (Sassoni), mandò in aiuto al parente bisognoso i suoi dodici migliori guerrieri (la tradizione li identifica sia come berserkir che come úlfheðnar) e grazie al loro intervento cadde il re nemico e la gran parte del suo esercito. Gli úlfheðnar vengono anche chiamati “lupi mannari” quando l’uomo e lo spirito animale, che ancora permea la pelle di lupo, si fondono magicamente in un unico essere: nella “Völsunga saga” si racconta che Sigmundr [padre anche di Sigurðr/Siegfried] e suo figlio SinfJötli si tramutarono in lupi dopo aver indossato della pelli trovate in una casa e come tali vissero nel bosco per diversi giorni; si narra anche che un uomo di nome Ulf (poi soprannominato Kveldulfr = Lupo della Sera), che era stato un úlfheðinn in gioventù, anche nella vecchiaia, sebbene fosse trascorso per lui il tempo delle continue battaglie, era legato indissolubilmente allo spirito del lupo tanto che alla sera, colto da sonnolenza, si recava a casa per poi uscirne la notte sotto sembianza di lupo e ritrovarsi, sfinito, nel letto la mattina seguente. La trasformazione (hammrammr) in animale non è esclusiva degli úlfheðnar in quanto si racconta che Bödhvarr Biarki (Biarki = Piccolo Orso), campione di re Hrólfr Kraki, combattesse in forma di orso nell’esercito del re mentre a casa il suo corpo umano pareva addormentato.
12. È la terra dei giganti.
13. Cioè “[Colei che] sceglie i caduti”, anche Odhinn è conosciuto con un simile nome “Valkjósandi” (“[Colui che] sceglie i caduti”) e anche come “Valtamr” (“abituato [alla scelta] dei caduti”).
14. Appartenente alla stirpe dei Vanir, è la Dea dell’amore (inteso anche come piacere sessuale...non dimentichiamo la nostra natura animale!!), della bellezza e della fertilità; la figura di Freyia come guida delle Valkyrje la si può notare anche dalle parole che lo spirito di Gunnar rivolse a suo figlio Högni e al di lui amico di fronte al suo tumulo: «…Diceva sotto l’elmo l’“albero reggitore del legno della spada” [è kenning per “guerriero” NdA] preferire alla fuga la morte, lui “tronco delle Freyia dei morti” [è kenning per “guerriero”, “prescelto”; le “Freyia dei morti” sono dunque le Valkyrje che trasportano i prescelti in Valhöll. NdA]» [Njáll saga 78]
15. “stirpe”
16. “Campo dell’Esercito” o “Campo di Battaglia”
17. Grímnismál str.14 (v. 95-98)
18. “Dimora di Gioia”
19. Il lupo è impiccato (e quindi consacrato a Odhinn) ad occidente: proprio in direzione del bosco da dove provenne il vischio sempreverde che causò la morte di Baldr.
20. Davanti alle sacre porte della Valhöll v’è il cancello Valgrind (“Cancello dei Caduti in Battaglia”) a cui arriva la strada Goðvegr (“Sentiero [verso le dimore] degli Dei”) dopo aver attraversato il bosco Glasir (“Luminoso” o “di Vetro”) i cui alberi portano foglie d’oro.
21. Re Gylfi, esperto di magie e bramoso di conoscere ciò che accadeva tra gli Dei, sotto le mentite spoglie di un vecchio di nome Gangleri provò a raggiungere Asgardhr; gli Aesir, che stolti non sono, gli permisero di arrivarvi e, camuffati anche loro per ripagarlo con la stessa moneta, lo istruirono su quello che è l’ordine cosmico.
22. Si riferisce a Fenrir, il terribile lupo figlio di Loki che, dopo essersi liberato dai legami a cui gli Aesir (anche se sarebbe meglio dire “l’Ase Tyr”…Heil Tyr!!) l’avevano costretto, lotterà contro gli Dei al Ragnarøkkr e, dopo aver divorato Odhinn, verrà ucciso da Vidharr.
23. Nel Grímnismál [str.18 (v.113)] non è detto essere un maiale bensì “il migliore dei cinghiali”, dunque il suo nome dovrebbe significare “[Cinghiale] color fuliggine come il mare” mentre il cuoco Andhrímnir è “il fuligginoso” e la pentola Eldhrímnir è “[la caldaia] fuligginosa per il fuoco”.
24. Rispettivamente “Divoratore” e “Avido”.
25. Rispettivamente “Pensiero” e “Memoria”.
26. “Dio dei Corvi” (Hrafnagoðr), ma anche Hrafnáss “Ase dei corvi” e, Harafnblóts goði “Sacerdote del sacrificio ai corvi” (dove “sacrificio ai corvi” è kenning per “battaglia” in quanto i corvi che, come i lupi, sono animali sacri ad Odhinn, si cibano dei cadaveri che ricoprono i campi di battaglia onorando così i caduti).
27. “Padre di Tutti” cioè Odhinn.
28. Come già detto non tutti vengono scelti da Odhinn per diventare Einherjar.
29. [Grí.24 (v.135-138)]. Dunque il numero complessivo degli Einherjar sembrerebbe essere 432.000, ma noi Asatruar, che non commettiamo l’errore dei “Testimoni di Geova” di calcolare e credere che vi sia un limite all’ospitalità divina, sappiamo riconoscere il valore simbolico di tale numero (nella Gyl.[40] si parla di 640 porte da ognuna delle quali usciranno 960 Einherjar) e dobbiamo leggere in esso un incitamento dei nostri Alti Dei che ci spingono ad essere sempre i migliori (quando le possibilità di riuscita sono poche solo i migliori raggiungono la meta!!). Segnalo, come curiosità, la teoria espressa da Graham Hancock nel libro “Impronte degli Dei” (teoria che prima ancora comparve nel vasto studio de “Il mulino di Amleto” dei professori von Dechend e de Santillana) secondo la quale miti arcaici ed architetture sacre di tutto il mondo vennero scelti come veicoli per trasmettere un patrimonio di complessi dati tecnici sulla precessione degli equinozi (tale fenomeno fa migrare il punto vernale lungo l’anello dello zodiaco al ritmo di 1° ogni 72 anni): 4.320 è il numero di anni impiegato dal sole equinoziale per completare uno spostamento precessionale di 60° (tale spostamento vede il punto equinoziale transitare per due costellazioni zodiacali) e siccome nella numerologia è permesso spostare a piacere le virgole dei decimali verso sinistra o verso destra ecco ritrovare la cifra 432.000.
30. Odhinn, capo dell’esercito della Valhöll, viene anche detto: “Herföðr” e “Herjaföðr” (Padre dell’Esercito), “Heráss” (Ase dell’Esercito), “Hergautr” (Gautr dell’Esercito), “Hertýr” (Dio dell’Esercito), “Herjan” ([Signore dell’]Esercito) e “Herteitr” (Felice nell’Esercito).
31. Gli Einherjar si destano ogni mattina al canto del gallo Gullinkambi (“Cresta d’Oro”), colui che “sveglia la vittoriosa schiera” [Helgakviða Hundingsbana II, str.49 (v.293)] è conosciuto anche col nome di Salgofnir (“[Quello che] canta nella Sala” o “Accoccolato nella Sala”).
32. «Odhinn…stabilì che tutti i morti dovessero essere bruciati e posti sul rogo con i loro averi. Disse che ognuno sarebbe giunto nella Valhöll con le ricchezze che aveva sulla pira e che vi avrebbe usufruito anche di ciò che personalmente aveva sotterrato» [Yngl.8]. Un’altra testimonianza di come le armi del corredo funebre servano, ai prescelti, in Valhöll la si ha nella saga di Njáll: si narra che Gunnar, ucciso in combattimento (che lo vide, da solo, abbattere due uomini e ferirne sedici…sicuramente fu un valido rinforzo per gli Einherjar!!), venne seppellito (in periodo cristiano l’incinerazione venne bandita) nel tumulo senza la sua lancia in quanto sua madre Rannveig promise tale arma a chi avesse vendicato il figlio scomparso; ma quando Högni, figlio di Gunnar, apprestandosi in gran segreto a partire per vendicare il padre prese la lancia del genitore questa produsse un canto che svegliò Rannveig: «“Chi impugna la lancia? Ho proibito a tutti di avvicinarsi a quell’arma!”. “Voglio” fece Högni “portarla a mio padre, perché l’abbia con sé nella Valhöll, quando si verrà al convegno delle armi!” [quasi a dire che in caso di fallimento avrebbe raggiunto il padre nella Valhöll portandogli la sua arma. NdA ]. “Reggila tu per primo” ribattè Rannveig “e vendica tuo padre: canta già la lancia la morte, di uno solo, o di molti!”» [Njáll saga79].
33. Vafthrúdhnismál, str.41
34. Il banchettare degli Einherjar è un rituale che rinsalda i loro legami, lo stesso vale per noi Asatruar quando ci ritroviamo a mangiare e bere nei nostri boschi prima dei blót «….Abitualmente la riconciliazione dei nemici, la creazione di nuove parentele e la scelta dei capi, in pace e in guerra, sono decise nei banchetti, come se in nessun altro momento l’animo fosse più aperto ai pensieri semplici e più infiammabile ai grandi pensieri. Gente che senza astuzia né scaltrezza apre i segreti del cuore nella libertà dell’allegria: allora il pensiero di tutti appare scoperto e nudo…argomentano mentre non sanno fingere, concludono quando non possono errare.» [Tacito. Germania 22]; inoltre il banchetto, grazie alle energie che in esso si sprigionano, funge da tramite tra il mondo materiale e quello spirituale (avvicinandoci ai nostri Alti Dei ed ai nostri morti). Utile a tal fine è soprattutto il bere: le bevute rituali a base di idromele o birra, praticate tanto dagli Einherjar nella Valhöll quanto da noi Asatruar durante i blót, rigenerano le energie vitali e rinsaldano i legami tra i partecipanti al banchetto/festa grazie all’atto del far circolare il corno di mano in mano, tale gesto trasmette a tutti in egual misura le virtù del liquido consacrato (che conserva le forze della terra). L’importanza sociale e religiosa della bevuta è testimoniata dal verbo drekka che significa “bere”, “fare una festa”, ma anche “consacrare mediante una bevuta”: il matrimonio (drekka brúðlaup), la festa in onore del defunto (drekka erfi), un banchetto che vede i partecipanti uniti da particolari vincoli di fratellanza (drekka gildi), lo Jól (drekka Jól). La valkyrja Sigrdrifa/Brynhildr, risvegliata dall’eroe Sigurðr/Siegfried, per consacrare tale incontro per prima cosa (prima ancora di svelare all’eroe il suo nome) «Prese un corno, ricolmo di idromele, e gli dette la bevanda del ricordo. “Salute, o giorno! Salute, o figlio del giorno! Salute, o notte, e te, sua figlia! Con occhi benigni qua guardate verso di noi ed accordateci la vittoria. Salute o Aesir! Salute, o donne degli Aesir! Salute a te, o terra ferace! La favella e la saggezza concedete a noi due e mani abili a sanare, per tutta la vita!”» [Sigrdrifomal v.23-33]. La bevuta rituale ed il seguente stato di ebbrezza permettono allo spirito di elevarsi fino anche a raggiungere lo stato di Wut, è però necessario che l’uomo sappia dominare le forze sprigionate dalla bevanda anziché esserne preda (“ebbrezza” non “ubriachezza”!!); l’atto del bere viene così associato con la figura del guerriero in quanto nel linguaggio poetico, e l’idromele è simbolo di poesia, “dare idromele” è kenning per “dare battaglia” mentre “bere fino in fondo” è kenning per “morire”.
35. «Si chiama la pianura dove [al Ragnarøkkr NdA] si daranno battaglia Surtr e gli Dei soavi. Centoventi leghe è [larga] da ogni lato, quel campo è a loro destinato» [Vafthrúdhnismál, str.18 (v.69-72)]. Sulla piana di Vígrídhr «Per primo cavalcherà Odhinn con l’elmo dorato e la corazza splendente e con la lancia che si chiama Gungnir, dirigendosi verso il lupo Fenrir…» [Gyl.51] (Odhinn è anche detto “Atrídhr” cioè “Colui che cavalca verso la battaglia”); l’ardore del “Padre della Vittoria” e la dedizione degli Einherjar non possono non riportare alla mente la figura del guerriero germanico descritta da Tacito: “In guerra è vergognoso per il capo essere superato in coraggio, vergognoso per il suo seguito non eguagliare in coraggio il capo. Di più, si macchia per tutta la vita d’una infamia ignominiosa chi abbandona la battaglia, vivo, dopo la morte del proprio capo: il giuramento impone principalmente di difenderlo, salvarlo e attribuire anche alla gloria di lui i propri atti di valore; i capi combattono per la vittoria, i seguaci per il capo.” [Germania 14].
36. Il primo uomo e la prima donna, furono creati da due alberi ed infatti i loro nomi significano rispettivamente “Frassino” e “Olmo”.
37. L’eterna battaglia rivive anche nella nostra Midhgardhr, si narra infatti che Odhinn e Freyia abbiano condannato gli eserciti di due re, Högni e Heðinn, a combattersi fino al Ragnarøkkr: i soldati dei due re, trasformati in pietra durante la notte, vengono resuscitati all’alba dalla valkyrja Hildr.
38. La notte che cade tra il 30 Aprile ed il 1 di Maggio.
39. “la Dea fedele della terra del falcone” dovrebbe, a parer mio, essere kenning per “Freyia” in quanto la Dea, oltre ad essere a capo delle Valkyrje, possiede un travestimento da falco che le permette di volare.
40. “colei che si adorna della collana” anche questa dovrebbe essere kenning per “Freyia” per via del magico monile chiamato Brísingamen di cui la Dea è in possesso.
41. “ciò che l’elmo contiene” è kenning per “la testa”.
42. “il ghiaccio della valkyrja” è kenning per “la spada”.
43. Il “Nodo dei Caduti in Battaglia”, è un’evoluzione del trischele (che rappresenta il cuore del Hrungnir, gigante sconfitto da Thor, un cuore fatto di pietra e con tre corna appuntite). |