Gualtiero Ciola

Gualtiero Cìola (7 giugno 1925, Venezia - 4 novembre 2000 Caorle). Scrittore e ricercatore.

Biografia giovanile.

Il padre trentino gli trasmette l’amore verso la cultura mitteleuropea e tedesca. Compie i primi studi a cavallo tra territorio natale e Merano, dove acquisisce alta considerazione della cultura tirolese e tedesca. Nella città lagunare studia al ginnasio ed al liceo classico, mostrando particolare interesse per la lingua tedesca. Prima della maturità prende la residenza in provincia di Trento (presso Borgo).

All’indomani dell’8 settembre 1943, diciottenne, venuto a conoscenza della possibilità di combattere nell’esercito tedesco, si arruola volontario nella Luftwaffe. Sostiene la maturità classica come studente-soldato. È distaccato, sino alla fine della guerra sulle Alpi orientali (nella cosiddetta zona operativa denominata Adriatische Kustenland). Come recluta e soldato viene assegnato alla cosiddetta “prontezza per il volo” : altri, come lui, domandano di collaborare alle operazioni di lotta con i commilitoni tedeschi, il comando non li utilizzerà –tuttavia- nelle operazioni antipartigiane per evitare che ci si trovi a combattere tra italiani (seppur alcuni di loro indossassero una divisa tedesca e fossero völkgenossen ) per evitare il pericolo di ritorsioni e faide tra la popolazione locale.

Dopo la guerra si iscrive alla facoltà di Veterinaria di Bologna. Lavora prevalentemente in Sud Tirolo come veterinario. Svolgerà questa attività sino al 1985, anno in cui chiude l’attività e va in pensione. Acquista una casa nei pressi di Tarvisio (Udine), dove fissa la sua residenza.

 

L’attività di ricerca.

In questo periodo ha modo di organizzare la ricerca che porterà alla stesura di “Noi, Celti e Longobardi”, visitando molti borghi dell’Italia del Nord, dalla Valle d'Aosta al Friuli e girando anche nel resto della penisola alla ricerca delle tracce di civilizzazione dei “epoca delle migrazioni”. Negli anni ’80 si avvicina all’Associazione Culturale Mitteleuropa dove collabora per la rivalutazione del passato asburgico del Nord-est.

 

L’opera più conosciuta.

Il libro con il quale è conosciuto dai più è “Noi, Celti e Longobardi” una ricerca dal carattere pionieristico, prima opera a guardare ai Celti cisalpini come fondatori di una civiltà articolata ed ai Longobardi come a degli antenati, abbandonando l'ottica che li dipinge come violenti invasori. Cìola analizza la storia di questi popoli studiandone l’evoluzione sulla mappa del territorio italiano, regione per regione, la loro cultura e ciò che di essi è stato tramandato nel folklore popolare.Nel 1987 esce la prima edizione di "Noi, celti e Longobardi" per i tipi delle Edizioni Helvetia di Venezia. L'edizione andrà presto esaurita, e verrà ri-edita dieci anni dopo. Da alcuni il è considerata un’opera ispirata da un grande amore ed interesse verso la storia di queste antiche popolazioni, tuttavia scarsamente accademica o organizzata secondo i criteri della ricerca scientifica e filologica: per ammissione dello stesso autore, l’opera va letta secondo il suo spirito assolutamente pionieristico e per il valore aggiunto della ricerca dilettantistica (nel senso che non è mossa da fini di lucro o per la ricerca di prestigio personale in un preciso ambiente culturale). Cìola non si arricchì mai con i proventi di questa sua ricerca…diventata poi best seller negli ambienti più “völkisch”, questo va detto senza timore: non mise mai a frutto le possibilità legare ai diritti di stampa. Rinunciò a pubblicare la sua opera in lingua tedesca conscio dei problemi che avrebbe potuto procurare una visione di questo tipo, laddove esportata presso un pubblico più vasto: i censori vi avrebbero visto i presupposti di un attentato all’unità dello stato italiano. 

 

Collaborazioni editoriali.

A cavallo tra anni ’80 e ’90 collabora con la rivista milanese “Orion”. Inizia ad assumere lo pseudonimo di Walto Hari. Nel 1994, per gli editori di “Orion”, la Soc. Editrice Barbarossa, pubblica uno studio sulla guerra dei contadini nell’Europa del Cinquecento. Di fatto la sua collaborazione cessa con la svolta nazional-comunista dei redattori della rivista (prevalentemente nazional-rivoluzionaria ai tempi della collaborazione di Gualtiero Cìola alias Walto Hari).

 

Posizioni meta-politiche.

L’interesse per le specificità etno-culturali dei popoli dell’Italia del nord lo spingono a pubblicare alcuni articoli e lettere sulla rivista “Quaderni padani” e sul quotidiano “la Padania” non sempre orientati sulla linea della Lega Nord. Poco incline a concessioni verso i "poteri forti", la sua assoluta libertà di pensiero e il profondo senso critico lo rendono difficilmente inquadrabile in qualsiasi contesto politico benché, attraverso le sue scelte di vita, abbia manifestato evidenti interessi legati agli accadimenti storici contingenti.

Pur essendo un sincero autonomista veneto ed un “autonomista longobardo”, Cìola, sulle posizioni assunte dalla Lega Nord aveva più di una riserva: conservava le distanze dall’appoggio politico alla Serbia di Milosevič (dal momento che ricordava bene ciò che i Titini avevano fatto in Istria e la pericolosità di quell’eredità morale che portò alla pulizia etnica perpetrata in area balcanica dalla soldataglia serba) o dall’astio anti-musulmano che riteneva fosse pilotato da lobby occulte del grasso occidente. Non aveva timore di manifestare la propria solidarietà con i cd “Serenissimi”, alcuni uomini che, con un gesto provocatorio, issarono il vessillo della Repubblica di Venezia sul Campanile di San Marco: partecipò a manifestazioni, incurante del pericolo di scontri con gli autonomi, scrisse in più di un articolo su diverse testate (incluso l’Araldo di Thule) quali fossero le sue posizioni in merito. Riponeva grande fiducia nella spinta innovatrice dell’oggi compianto Jörg Haider, speranza per la creazione di uno stato-cuscinetto sulle Alpi orientali, mentre uno dei suoi riferimenti culturali fu Adriano Romualdi.

Per non aver mai fatto mistero delle proprie idee – con coraggio ed onestà- venne, nel corso della sua vita, ingiustamente perseguitato e diffamato. Nessuno dei suoi scritti e delle sue posizioni hanno mai incitato all’odio ed alla violenza. La sua persecuzione iniziò all’indomani della disfatta del Reich tedesco, quando era un ricercato alla macchia sulle montagne, con l’ingiusta detenzione di sua madre (che gli trasmise il senso di ottimismo e la carica d’entusiasmo che le permise di resistere durante la detenzione). La repressione proseguì nei cd “anni di piombo” e si manifestò formulando accuse dalle quali uscì sempre indenne. 

 

Volksvater .

Nel 1995 viene in contatto la neonata organizzazione Comunità Odinista che raggruppava i fondatori dell’Odinismo nella sua versione di fede ancestrale dei Longobardi. Dal 1995 al 2000 collabora alla pubblicazione della rivista “l’Araldo di Thule” alla quale rilascia anche una dettagliata intervista. All’interno della Comunità odinista delle origini viene chiamato Walto Hari e definito affettuosamente come il “Volksvater” (“padre del popolo”, in longobardo Fulcfader). Il suo apporto culturale si rivelò fondamentale per la nostra formazione; in una lettera a Paolo Gauna del 24 aprile 1996, citando i cinocefali longobardi ebbe a definire in questo modo le sue idee a riguardo: “ Paolo Warnefrido era un monaco, come Erchemperto (…) Essendo cattolico praticante, relegò la storia ai tempi anteriori alla calata in Italia ed alla conversione al cristianesimo; mentre io credo che una truppa scelta, ancora pagana, sia stata adoperata nella guerra permanente sostenuta dai Longobardi, specialmente contro gli Slavi e gli Avari; ciò che Paolo Diacono non vuole raccontare ; a riprova di ciò stanno molti microtoponimi dedicati a Odin, Freyja, ed altri, recuperabili negli altopiani di Asiago, Lavarone e Trentino.”. Grazie a lui siamo cresciuti: ci faceva capire che la Comunità Odinista era un gruppo di giovani e che se volevamo crescere e diventare un’organizzazione all’altezza di ciò che siamo oggi, composta da uomini equilibrati e forti, dovevamo misurarci con i pregi e i pericoli dell’entusiasmo giovanile. Non ha mai voluto assumere una posizione predominante, o di guida, all’interno del nostro gruppo, ha sempre rispettato le necessita redazionali dell’Araldo di Thule non imponendo alcuna “linea” e volendo firmare i suoi articoli con nome e cognome, in modo tale da essere sempre responsabile per le proprie affermazioni: in questo modo è diventato per noi l’esempio da seguire. Per chi tra noi lo ha conosciuto è stata una persona adorabile, molto disponibile. Un intellettuale sincero ( che mai si sarebbe definito in questo modo). Un uomo che amava la conoscenza acquisita attraverso l’esperienza e il contatto con la gente, fiero di ripulire i boschi dagli elementi inquinanti e plastiche varie ( “l’unica forma di religiosità che pratico, ma so che gli dei del bosco me ne sono grati. Sul Rito sono anche d’accordo.”). Amava la sua gente, gli animali e la ricerca della verità.  Con umiltà e semplicità ha segnato la via, con buona pace dei suoi detrattori che si sono sempre scagliati contro l’innovazione della sua opera, come sosteneva fieramente, aveva l’occasione di non dare peso ai sostenitori di queste posizioni dal momento che, diciottenne, per sostenere le sue idee si prese carico, andando via di casa col suo piccolo zaino in spalla, del peso del destino dell’Europa.

Non riuscimmo a salutarlo la notizia della sua morte ci colse durante un soggiorno a Londra: dopo una lungo periodo di malattia Gualtiero Cìola morì a Caorle (Venezia) il 4 novembre 2000, amorevolmente assistito dalla moglie Maria Teresa e dai figli.

Se non avesse ascoltato il cuore, se avesse optato per l’opportunismo seguendo la “strada giusta”  i critici l’avrebbero poi considerato, a pace fatta e senza indugi,  al pari di un Rigoni Stern. Resta un esempio di uomo intelligente, onesto e coraggioso. Quando troveremo più un uomo come lui ?

 

Bibliografia

  • “Noi, Celti e Longobardi” Ed Helvetia, Venezia (1987, 1997)
  • "Rivolte e guerre contadine” co-autori: Mudry, Mutti, Colla. Editore: Società Editrice Barbarossa [1994]

 

Leggi l'intervista rilasciata da Gualtiero Ciola a “L’Araldo di Thule”